27 Gennaio 2025

Televisione e patriarcato: il riflesso di una società che cambia (non così tanto)

di Alessia Catanzaro

 

Il #Mammucarigate ha cavalcato una delle ultime onde mediatiche del 2024 e ha visto protagonisti Francesca Fagnani, giornalista e conduttrice della sua trasmissione televisiva “Belve”, e il conduttore e comico della vecchia guardia Teo Mammucari. La vicenda ha destato scalpore per l’abbandono improvviso dell’ospite, ma cosa è successo?

Fagnani ha provato a condurre un’intervista che, già dall’inizio, ha mostrato un Mammucari infastidito e sempre più risentito fino a giungere poi, pochi minuti da lì a breve, all’exploit finale dove ha congedato la conduttrice con un sonoro “ma vaf******o”.

Mammucari ha fatto intendere di aver percepito come un inganno l’esser trattato da Fagnani con cordialità amichevole off camera, mentre in trasmissione ha accusato e rimarcato numerose volte la distanza espressa anche dall’uso dell’italiano rivoltogli.

Fagnani ha seguito un modus operandi imparziale, che attua con tutti gli intervistati proprio perché parte integrante del suo format: uso del Lei reciproco, domande provocatorie, ironia nel controbattere e ripresa di affermazioni fatte dall’ospite o sull’ospite per poi discuterne.

Uno scontro generazionale non in termini di età anagrafica ma di epoche televisive. L’ultima pellicola di Coralie Fargeat ci ha mostrato il duo del vecchio e del nuovo in ambito televisivo, sempre sitibondo di essere al passo coi tempi, e Teo, proprio come la protagonista del film Elisabeth, è vittima della propria consapevolezza e frustrazione nel rappresentare ciò che ormai è il passato.

Mammucari, forte del retaggio di una televisione becera che oggettifica la donna, la relega in una teca di vetro per poterne ammirare le fattezze, è schiavo di quella visione di potere patriarcale dove semplicemente accettare le regole di un format equivale a soccombere alla parità di genere.

Ha tentato invano di rompere i canoni di una trasmissione, non sua, contestando le luci in studio, la presenza del pubblico con cui non gli è stato concesso interagire (privandolo del suo ruolo da protagonista), la sua stessa presenza lì e le domande non lusinghiere.

Riecheggia il richiamo del machismo dell’uomo forte che non può subire ma deve sempre reagire e sopraffare l’altro, specie se appartenente al così detto gentil sesso.

Mammucari ha menzionato più volte il suo ritratto non veritiero, dipinto da alcune domande della conduttrice che ci fa riflettere sulla mascolinità tossica che non può mai mostrare la grande fragilità che cela ed emerge con fattezze antitetiche: atteggiamenti di micro-aggressione verbale, turpiloquio, polemica aprioristica continua contestando ogni frase, sovente non capendo affatto la domanda posta, per eludere la risposta spostando così l’attenzione su persone citate appena.

Il bias più grande è emerso nelle ultime battute dove Mammucari ha rimarcato la differenza nei suoi programmi televisivi con un accento sul distinguo tra uomo, attore e format, non applicando però lo stesso paradigma a parti invertite, forse, succube ancora del retaggio dove l’uomo deve essere stoico a prescindere dalla ragione o dalla situazione, mentre la fragilità e la debolezza sono appannaggio femminile.

Dopo la pubblicazione della puntata di Belve, Mammucari ha divulgato i messaggi intercorsi tra i due, un tentativo vano di validazione delle sue ragioni, divenuto mera constatazione di quanto già espresso dalla Fagnani. Un gesto puerile, di ripicca e dalla dubbia legalità attuato per punire chi secondo lui avrebbe dovuto sottostare – con fare servile – alle sue richieste in puntata. Una supposizione di stampo patriarcale, che diverse decadi fa sanciva un rapporto di potere dove l’uomo, ahimè, era sempre il detentore assoluto.

Ma la dinamica non smette di stupire perché è stato l’ospite stesso a chiedere di essere invitato e intervistato (si evince dunque la sua conoscenza pregressa del format del programma).

Internet specula difatti che Mammucari abbia preventivamente organizzato ad hoc la sua reazione-performance in trasmissione, e se così fosse, la vicenda pone ancora più quesiti. Fisime mentali a cui un uomo può sopperire sopraffacendo sempre, pur di non essere sopraffatto da tutti quei dettami sociali che la società patriarcale ha creato e imposto dagli albori della storia.

Ecco dunque che in un sistema dove vigono delle regole propedeutiche a violenza, discriminazioni e discorso d’odio, il confronto con il prossimo è vitale e possibile col dialogo costruttivo, il rispetto reciproco e il convergere con opinioni contrastanti. Il confronto con le proprie fragilità è necessario non solo per trovare il coraggio di opporsi a dei canoni impari e arcaici ma anche per liberarsi da costrutti che incatenano il maschile ancora oggi e impediscono di scorgere la realtà della parità fra individui.

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