di Emanuele Russo
Col senno del poi siamo tutti bravi. Lo abbiamo detto almeno una volta nella nostra vita, forse molte di più. La ragione è che a chiunque è capitato di trovarsi in situazioni in cui era difficile, se non impossibile, comprendere tutte le variabili implicate, il punto di vista di tutte le persone coinvolte, la reale complessità dei problemi. Così, siamo stati costretti a prendere delle decisioni che, col tempo, si sono rivelate, se non sbagliate, quanto meno ampiamente migliorabili.
L’esperienza è comune per diverse ragioni: il mondo è un sistema complesso e, per quanto ci sforziamo, non riusciremo mai a tenere in debito conto tutte le variabili; la nostra capacità di analisi non è sempre al meglio, e comunque se tutto va bene migliora col tempo; noi stessi possiamo non essere in un buon periodo o essere vittime dei nostri pregiudizi. Ultima cosa, ma non meno importante, noi stessi cambiamo. Non è detto che la persona che siamo condivida per intero i valori della persona che eravamo.
Se tutto questo capita nella vita di tutti i giorni, pensiamo a cosa può accadere di fronte ad un evento storico. A meno che non si stia parlando di fatti davvero lontani nel tempo, è difficile che il nostro giudizio non sia in parte guidato dalla nostra memoria storica o di quella del gruppo (famiglia, etnia, nazione) a cui sentiamo di appartenere. Anzi, lo stesso concetto di lontananza nel tempo varia da persona a persona. Ricordo un giovane georgiano che mi raccontò la genesi romana del suo cognome, e di quanto l’essere stati parte dell’impero capitolino facesse sentire i georgiani vicini all’Italia.
La verità è che, anche quando si parla di eventi storici, un conto sono la realtà dei fatti, estremamente difficili da catalogare e analizzare, un altro sono le molteplici memorie storiche, che i fatti interpretano e contestano. Compito dello storico, ma anche dell’attivista, è quello di tenere conto dell’esistenza di un divario tra storia e memoria, ma anche tra esperienza collettiva e percezione individuale. Nella maggioranza dei casi a prevalere sono le seconde, perché hanno una dimensione emotiva prevalente rispetto a quella razionale.
Sul filo sottile, talvolta impercettibile, che divide la realtà dalla rappresentazione (alcuni direbbero che la prima non esista affatto) si costruisce buona parte del discorso d’odio e delle fake news. Non possiamo affrontare né l’uno né le altre senza ammettere che, per quanto a volte ripugnanti e inaccettabili, esistono molti gradi e tipi di distanza dalla realtà e che nessuna interlocuzione può crearsi tra persone che non si riconoscono vicendevolmente.