di Emanuele Russo
C’è un punto, nel capolavoro dei Monty Python “Brian di Nazareth”, in cui il protagonista Brian, interpretato da Graham Chapman, tenta disperatamente di convincere una folla adorante di non essere il Messia. Una delle persone accorse lo contraddice, affermando di intendersi della questione, dal momento che ne ha seguiti parecchi. Nel 1979, e in realtà anche oggi, la battuta è molto divertente, sia per la sua assurdità logica sia per il fatto che ben descrive una certa categoria di persone che sono sempre alla ricerca di una Guida, ma sono tanto rapidi nel trovarla quanto nell’abbandonarla.
Dodici anni prima dell’opera dei Monty Python, Guy Debord, con la pubblicazione de “La società dello spettacolo”, dava alle stampe il più famoso testo dell’Internazionale situazionista, nel quale si trova un termine che, nel suo uso diffuso e non sempre esplicitato, avrà una certa fortuna tra le avanguardie artistiche e politiche degli anni ’70 e ’80 del Novecento. Con détournement, Debord definiva l’azione politica derivante dall’atto di deviazione di significato che si ottiene citando in modo alterato, o in contesto alterato, una frase o un concetto. Ad esempio, inserire una citazione o una frase sopra il frame di un film in cui non è mai stata detta.
Se ci pensiamo, entrambi questi “luoghi” del nostro passato artistico e letterario, importanti espressioni di un tempo che sembra remoto e distante dal presente, sembrano descrivere bene il presente della nostra vita online.
I social media sono gremiti di persone che passano da un content creator all’altro, creando mode temporanee dove perfetti sconosciuti diventano, quasi dal giorno alla notte, estremamente influenti nella vita di milioni di persone. Talvolta, altrettanto rapidamente, cessano di esserlo. Molti di questi content creator arrivano alla notorietà attraverso la produzione di meme che non sono altro che un’applicazione pratica del détournement situazionista.
Eppure ci sono due importanti differenze: per la stragrande maggioranza, content creator e follower condividono il desiderio di diventare Messia. Il content creator svolge quel ruolo in prima persona, il follower esercita, o prova ad esercitare, il proprio controllo sul primo attraverso l’interazione. Quest’ultima diventa tanto più efficace quanto più utilizza il veicolo dell’emotività, e per smuovere quest’ultima amore e odio sono gli strumenti più efficaci. Solo che, mentre l’amore si somma, l’odio mantiene la sua unicità, ed è per questo che viene usato molto più spesso per attirare l’attenzione. La battuta del film dei Monty Python rimane però attuale nel porre in evidenza la tendenziale intercambiabilità della figura guida. Un Messia resta tale finché riesce a mantenere il centro della scena.
La dimensione dello spettacolo è centrale anche nel situazionismo. Ma mentre le situazioni di cui parla l’Internazionale, così come le azioni di détournement, servono all’essere umano per annullare il potere dello stato autoritario o totalitario, riguadagnando la libertà attraverso un uso politico del proprio tempo libero, il détournement dei meme ha il principale scopo di annullare lo spazio creativo dell’individuo, che annulla il proprio tempo libero in uno scroll continuo il cui fine ultimo è passare il più tempo possibile su una piattaforma, a beneficio (economico, ma non solo) del Messia momentaneo, ma soprattutto degli inserzionisti e di chi detiene la proprietà del social media.
I social media hanno messo a sistema, con il supporto di potenti algoritmi matematici, sia l’analisi delle principali leve psicologiche ed emotive degli esseri umani, sia i più elaborati sistemi di propaganda e contro-propaganda elaborati negli ultimi 150 anni, con lo scopo principale di garantire i massimi introiti a proprietari delle piattaforme e agli investitori di prima (inserzionisti) e seconda (content creator) categoria. Conoscere queste dinamiche non serve per spegnere i social media, anche se a volte sarebbe importante farlo, ma ad entravi più consapevoli delle reali poste in gioco.